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Legge MatteottiI_Intervento alla Camera dei Deputati dell’on Diego Crivellari

Roma 8 maggio 2017 – “Il crimine più orribile mai commesso da qualunque governo”: con queste parole un giovane giornalista americano, Ernest Hemingway, commentava il rapimento e l’assassinio di Giacomo Matteotti, avvenuto nel 1924. Una pagina tragica, un evento che ha segnato in profondità la nostra storia e che ha mostrato il vero volto del fascismo, la violenza, la sopraffazione, le pulsioni totalitarie – che nel giro di pochi mesi sarebbero sfociate in una dittatura che avrebbe trascinato il nostro Paese fino al disastro della Seconda guerra mondiale.

Oggi, però, non ci troviamo semplicemente a commemorare un fatto o la memoria di una persona, di una figura storica, di un pezzo di storia d’Italia. Pensiamo che questa legge possa rappresentare veramente qualcosa di più e portarci a compiere una riflessione più approfondita che nasca dall’esempio di Matteotti e si proietti verso il futuro, chiamando in causa lo stato della nostra democrazia e le sue prospettive.

Promuovere oggi la memoria di una figura luminosa come quella di Giacomo Matteotti può e deve avere almeno un duplice significato: diffondere certamente la conoscenza della straordinaria esperienza umana e intellettuale del deputato polesano, affiancare al “mito” sedimentato nel corso delle generazioni la ricerca, l’educazione, la conoscenza storica e, insieme, confermare la fedeltà del Parlamento e delle istituzioni repubblicane ai propri valori fondanti, alla propria memoria, alla propria storia migliore.

Il discorso di Matteotti alla Camera del 30 maggio 1924 rappresenta una delle più significative testimonianze di coraggio, intransigenza, omaggio al valore delle istituzioni, riconoscimento della centralità del Parlamento nella vita pubblica di un paese civile. Non è banale ricordarlo oggi, nel momento in cui da più parti, anche in Europa, sono tornati a soffiare con forza i venti dell’antiparlamentarismo, del populismo più becero, del rifiuto della democrazia e delle istituzioni rappresentative. Il tema è attuale, la nostra democrazia, in Italia e nel mondo, ha bisogno di rinnovarsi, di crescere, ma anche di riconoscere e riscoprire le proprie radici, i propri grandi esempi.

Sono passati pochi mesi da quando, proprio qui a Roma, una targa commemorativa del barbaro assassinio è stata distrutta. Un segnale inquietante, che abbiamo voluto doverosamente ricordare anche in quest’aula.

Eccoci, allora, al primo punto delle nostre considerazioni. Preservare la memoria di Giacomo Matteotti. Su questo punto occorre, come si è accennato, andare oltre il mito, andare anche oltre il luogo comune troppo a lungo abusato di Matteotti quale “famoso sconosciuto”. Lo ha ricordato recentemente Valentino Zaghi, autorevole studioso e biografo del politico socialista, nel corso di una iniziativa che ci ha visti partecipi a Fratta Polesine, nella casa natale di Matteotti: esiste una ormai ampia bibliografia di scritti, di saggi, di studi dedicati a Matteotti, che consentono a tutti noi di poter accedere ad una ricca miniera di informazioni e di avere un ritratto sostanzialmente completo dell’uomo e del dirigente politico. Questa dimensione in cui si intrecciano ricerca storiografica, memoria, passione civile, accumulata negli anni, trova pochi, pochissimi eguali per importanza e per profondità all’interno della galleria delle grandi figure politiche che hanno fatto l’Italia del Novecento.

Conoscere e studiare o ristudiare la figura di Matteotti significa porsi nell’ottica di affrontare con una rinnovata consapevolezza l’evoluzione di una intera parabola umana e politica, breve, è vero, ma piena di pagine e di spunti degni di riflessione e di approfondimento: dal giovanissimo Matteotti amministratore locale e dirigente cooperativo all’analisi del suo originale profilo di intellettuale e di giurista, dalla sua attività sindacale alla sua esperienza di pacifista durante la Prima guerra mondiale, dalla rete dei rapporti intessuti con le socialdemocrazie europee ad un esame attento e articolato della sua formidabile attività parlamentare concentrata tra il 1919 e il 1924. Tutto quello che precede e accompagna l’estremo sacrificio, “la fine di Matteotti ne riassume in gran parte la vita”, per usare le parole di Mario Isnenghi.

Matteotti è anche il simbolo dell’evoluzione della coscienza democratica nel socialismo italiano e del progressivo riconoscimento del Parlamento come luogo centrale per l’avanzamento dei diritti e per le conquiste del movimento operaio e democratico. Egli non fu un teorico nel senso classico del termine, ma seppe come pochi analizzare e cogliere lucidamente la radicale cesura rappresentata dal movimento fascista nell’inquieto panorama dell’Italia liberale e il suo carattere antidemocratico. La sua è anche l’eredità di un pensiero lucido e lungimirante.

La Costituzione repubblicana è innervata dalle idee e dai valori del socialismo democratico e dell’azionismo e chi oggi volesse – dopo anni di relativo oblio, seguiti alle tempeste di Tangentopoli e ad una sorta di “damnatio memoriae” sulla vicenda socialista – recuperare pienamente questa storia, questa dimensione, dovrebbe rifarsi ai nomi di Nenni, Saragat, Lombardi, Pertini, Craxi, ma non potrebbe certamente omettere o relegare in qualche seconda fila le idee e l’esperienza di Matteotti.

In questo stesso provvedimento, abbiamo inoltre fortemente voluto riconoscere Casa Matteotti a Fratta Polesine come monumento nazionale, immaginando un ideale connubio con Casa Gramsci di Ghilarza. Un passaggio che a nostro avviso riveste grande importanza. Due figure diverse, sotto molti aspetti, ma entrambe germogliate dal movimento socialista di inizio secolo, diventate ben presto esempi di lotta e riscatto in tutto il mondo e destinate a veder interrotto il proprio impegno parlamentare di fronte al dilagare della violenza fascista.

Come tanti, in questi giorni ho avuto modo di ammirare proprio qui a Montecitorio gli originali dei “Quaderni” gramsciani, insieme ai libri in possesso del filosofo sardo, ed è stato veramente un momento emozionante. Ma torniamo a Matteotti.

Se esiste un luogo simbolo della difesa della sovranità del Parlamento e delle nostre libertà, questo può certamente essere rappresentato dalla dimora che, nel cuore della provincia di Rovigo, è diventata sede di un importante archivio e depositaria di una memoria incancellabile. Ecco, allora, la casa museo di Fratta pensata come tappa di un percorso vivo e concreto della nostra memoria, santuario laico, ma anche luogo aperto ai giovani, ai cittadini, agli studiosi… in cui la dimensione della “memoria sacralizzata” può attualizzarsi, coniugarsi al futuro, guardare ad esperienze di formazione e ad occasioni di approfondimento capaci di tenere insieme territorio, mondo della scuola, mondo della ricerca. Una sfida da cogliere in pieno, quella della casa museo, per poter preservare adeguatamente la memoria di Matteotti e diffonderne gli insegnamenti.

Questa parte del discorso si lega direttamente al secondo punto della nostra riflessione, ad una riflessione più generale sul ruolo e sulle prospettive del Parlamento. L’esperienza del grande polesano richiama immediatamente come la crisi delle istituzioni parlamentari e la crisi della rappresentanza siano questioni dirimenti per il futuro della democrazia e per il nostro Paese.

Per certi versi, giova qui ricordare l’ammonimento del politologo Giovanni Sartori: “Il parlamento è indispensabile, se si desidera un regime democratico. Ma se vogliamo che l’istituto regga alla prova e sia vitale, occorre avvertire quanto c’è di anacronistico nel nostro modo di concepire i parlamenti di oggi alla luce di principii e di criteri di ieri (…) Si tratta soprattutto di instaurare una prassi conforme a una più avvertita e aggiornata presa di coscienza”.

Parole illuminanti. Ne consegue, oggi, la necessità di lavorare per accorciare la distanza con i cittadini e con il paese reale, riaffermare il ruolo dei partiti e la democrazia dentro i partiti, snellire o rendere più funzionali le procedure parlamentari, riarticolare il rapporto con le istanze e gli strumenti di democrazia diretta, ma anche riarticolare il rapporto con i corpi intermedi e gli enti locali, contenere la spesa, riaprire al più presto una stagione di riforme che rendano sempre più il Parlamento luogo capace di comporre l’interesse generale e di produrre decisioni che possano incidere concretamente nella vita della nazione, nonché di relazionarsi nelle forme più efficaci con il peso crescente della dimensione sovranazionale.

Anche per questi motivi, la memoria di Matteotti deve essere pensata o ripensata come occasione, per i cittadini e per le nostre istituzioni, di una più ampia riflessione sulla tenuta delle istituzioni parlamentari, sui rischi di pulsioni e tentazioni antidemocratiche, sulle possibili strade verso una compiuta riforma/autoriforma del sistema che faccia da argine ad esperimenti demagogici e a derive assemblearistiche, alla illusione di una assoluta trasparenza della rete, al mito di una “democrazia sostanziale o integrale” che si proponga di liquidare e mettere in secondo piano una cornice ordinata di regole e di procedure “formali”.

La democrazia parlamentare è un sistema vitale, che deve essere in grado di recepire le novità del mondo contemporaneo, la sua complessità, i suoi sviluppi, ma senza tradire la promessa di emancipazione da cui è nata e senza rinnegare i valori individualistici e umanistici su cui poggia la sua storia e che ne costituiscono l’eredità più feconda.

on. Diego Crivellari